
IL POSTINO DELLA FAVOLA
Omaggio a Roberto De Simone
Quando nel 1979 entrai a far parte della compagnia del maestro Roberto De Simone, etnomusicologo, compositore, autore teatrale, regista, saggista, questi era già all’apice della sua popolarità. L’immenso successo della sua favola in musica “La Gatta Cenerentola” era stato preceduto dal consenso discografico ottenuto con le canzoni che aveva affidato alle mirabili esecuzioni della “Nuova Compagnia di Canto Popolare”. Sostenitori di eccezione del nuovo talento partenopeo erano in quegli anni Romolo Valli ed Eduardo. Il patrimonio dal quale attingeva per creare e rielaborare nuovi prodotti artistici e culturali derivava dalla tradizione narrativa orale campana selezionata da una enorme quantità di documenti registrati su nastri magnetici in vent’anni di escursioni nelle feste popolari non solo campane. Il Lunedì in Albis di ogni anno, il Maestro iniziava, con un rudimentale registratore a pile ed un microfono esterno, il suo “pellegrinaggio” domenicale nei paesi in cui si svolgevano le feste più significative. Le escursioni terminavano in autunno inoltrato. Le registrazioni che effettuava sul campo erano eseguite direttamente dagli interpreti della tradizione: contadini, artigiani, pastori. L’enorme consenso avuto si agganciava perfettamente alle nuove istanze mosse dal ’68, finalmente quel mondo subalterno di operai e contadini veniva a galla con tutta la sua forza dirompente sia sociale sia culturale; i giovani riscoprivano la cultura dei loro padri e dei loro antenati e con orgoglio la mostravano al mondo; si riscopriva, altresì, il valore della interdisciplinarietà degli studi che dopo le esperienze di Ernesto De Martino si manifestavano secondo le articolazioni dell’antropologia, dell’etnomusicologia e della psicoanalisi. Da questa prospettiva si rifuggiva qualsiasi tentazione folkloristica per rivelare le più ricche espressioni della cultura popolare meridionale dense di segni e di simboli e di una forza d’urto tale da provocare, durante la festa, un “cambiamento provvisorio” di condizione sociale, esistenziale e addirittura sessuale.
Ancor più famoso, Roberto De Simone divenne quando nel ’94 pubblicò “Fiabe campane”, una produzione di oltre 200 fiabe raccolte in Campania, preceduta pochi anni prima dai 7 microsolchi delle “7 Madonne” registrate in studio dagli interpreti della tradizione.
In particolare, “Fiabe campane” sarà la pubblicazione che consacrerà il Maestro tra i grandi della storia della nostra città al pari del Basile e del Perrucci che, come lui, hanno raccolto e codificato le testimonianze orali di un mondo popolare prima che questo scomparisse per sempre. Egli ha come loro raccolto un grande patrimonio di tradizione culturale che stava per uscire dalla porta della storia, o per usare le parole del Basile: Stéveno pe’ salda’ ‘e cunte cu ‘a natura e straccia’ ‘o quaderno d’’a vita (‘E duie fratielle), e lo ha riportato, come un fedele postino, di nuovo nelle nostre case, e per sempre.
Durante le prove di Festa di Piedigrotta di Viviani, io un po’ più che ventenne, nel corso delle pause mi avvicinavo spesso al Maestro per chiedere quali fossero i testi da studiare e non solo di letteratura teatrale per diventare un bravo attore. Ricordo che tra le prime frasi mi disse: Innanzitutto, conosci te stesso, quindi mi propose un lungo elenco di saggi da studiare e tra gli altri, ricordo: La libido, simboli e trasformazioni, tipi psicologici, L’analisi del carattere, Le strutture antropologiche dell’immaginario, miti e misteri, i miti greci, la religione romana arcaica.
Cominciai ad accompagnarlo, assieme ad un piccolo gruppo di fedelissimi, alle feste popolari in Campania scoprendo che era una star anche per i contadini e gli interpreti popolari dei vari paesi che frequentava; imparai che il vero ballo tradizionale campano è la tammurriata; scoprii i centoni popolari e le improvvisazioni del canto sul tamburo; diventai assiduo frequentatore della festa della Madonna dell’Arco e di quella di Montevergine; mi appassionai alle leggende partenopee su Virgilio. Dopo un discreto apprendistato, durante il quale il maestro mieteva successi per le sue regie liriche (Lo frate nnammorato, Barbiere di Siviglia, Convenienze e inconvenienze teatrali, Il flauto magico, Eleonora) e le sue composizioni (Requiem in memoria di Pier Paolo Pasolini, Carmina Vivianea, Cantata per Masaniello) diventai suo collaboratore alle ricerche per due pubblicazioni Einaudi: Il Convitato di Pietra e la Cantata dei pastori. Si trattava di due preziose edizioni, la prima, su tutti i Don Giovanni d’Europa da Tirso da Molina fino ‘A capa ‘e Pascale che secondo la tradizione delle anime del Purgatorio è la nostra versione del Don Giovanni; la Cantata, invece, incentrata sul mettere assieme tutte le varianti avvenute in trecento anni di rappresentazioni del testo dell’abate Perrucci. Ricordo ancora come gli brillarono gli occhi quando, dopo due anni di faticose ricerche nei sotterranei della Biblioteca Nazionale di Napoli, portai alla sua casa di Posillipo il microfilm della prima edizione a stampa datata 1698 della Cantata dei pastori dell’abate Andrea Perrucci in arte Casemiro Ruggiero Ogone. Per lui fu come un regalo della Provvidenza dato che neanche Benedetto Croce e i suoi collaboratori l’avevano mai trovata. Partecipai assiduamente anche alla pubblicazione del suo mirabile saggio sul Presepe popolare napoletano accompagnandolo fino in Basilicata e in Calabria per le ricerche.
Il Maestro Roberto De Simone è già nella storia culturale e artistica della nostra città, nonostante l’ostracismo politico e culturale che subisce da molti anni, ma che non è solo dovuto all’acredine o all’invidia dei suoi tanti detrattori, bensì, molto spesso generata dal suo complesso carattere. Del resto, la storia dell’arte è ricca di personalità complicate come quella del Maestro e credo, aldilà di ogni fallace ed inutile giudizio sulla sua persona, che i grandi artisti sono talmente immersi nella loro dimensione creativa e non storica da non badare alle faccende del quotidiano né di curare le relazioni per come le concepiamo noi. E dunque, anche il nostro “postino della favola” non può sottrarsi al detto:
‘A fòrbice è sòra carnale d’’a mala lengua.
Mario Brancaccio
IL POSTINO DELLA FAVOLA
MARIO BRANCACCIO (voce recitante)
SIMONA ESPOSITO (voce recitante)
DEBORA SACCO (cantante)
DANIELE ESPOSITO (cantante)
GIUSEPPE DICOLANDREA (clarinetto, sax soprano)
ARCANGELO MICHELE CASO (violoncello)
MICHELE BONE’ (chitarra)
Elaborazioni musicali di Michele Boné, Coordinamento vocale Patrizia Spinosi, Regia di Mario Brancaccio.
La performance si svolge attraverso un excursus della storia personale del Maestro, la sua ricerca costante di temi, ritmi e suoni della tradizione popolare campana e del Sud Italia.
Si alternano, altresì, sue composizioni canore e musicali e favole raccolte nei due volumi editi da Einaudi.